In questo volume Daniela Gallo Carrabba ricostruisce la biografia di Carla Maria Burri (Crema, 1935-2009).
Figlia del direttore dello storico Linificio e Canapificio Nazionale di Crema – allora la tessitura più grande d’Italia – ha avuto una vita ricca di interessi, gratificazioni, colpi di scena. L’Egittologia e in particolare la Papirologia sono state un antico amore per la studiosa cremasca che, allieva del grande egittologo Sergio Donadoni, nel 1959 si era laureata presso la Facoltà di Lettere Classiche dell’Università Statale di Milano con una tesi in Papirologia greco romana.
Ancora studentessa, nel 1956 si recò in Egitto dove iniziò la sua storia d’amore con la terra dei faraoni. Vi ritornerà nel 1959, fresca di laurea, proprio quando veniva nazionalizzato il Canale di Suez. Dopo una serie di esperienze in Egitto con borse di studio, si specializza in archeologia Orientale presso l’Università di Roma con il professor Donadoni – trasferitosi nel frattempo alla Sapienza. Dal 1960 al 1964, Carla Burri si dedicò all’insegnamento di lettere al Ginnasio e al Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Crema. Il richiamo dell’Egitto era molto più forte della passione indubbia per l’insegnamento, dove profuse comunque tutte le sue energie, infondendo nei suoi allievi l’amore per la cultura, quella vera, ricca di sfumature e spessore, e una forte coscienza critica.
Vinto il concorso presso il Ministero degli Esteri, Carla Maria Burri spiccò il volo verso l’Egitto, dapprima insegnando Lingua e Cultura Italiana per poi ottenere la nomina di Addetta culturale presso l’Ambasciata d’Italia al Cairo. Vi rimase, con i debiti correttivi di carriera, sino al 1981. Un ruolo di primo piano fu giocato in quegli anni da Carla Burri a favore delle missioni archeologiche italiane che contribuirono alla messa in sicurezza dei templi di Abu Simbel. Anche grazie alla sua opera il governo egiziano donò all’Italia il tempietto rupestre di Ellesya, che ora è uno dei vanti del Museo Egizio di Torino.
Nel 1970, con decreto ministeriale e l’interessamento personale di Aldo Moro, in quel momento ministro degli Esteri, la sezione archeologica dell’Istituto Italiano di Cultura divenne autonoma assumendo la definizione di Centro archeologico italiano. A dargli voce per 17 anni un “Bollettino d’Informazioni” trimestrale, curato personalmente da “la Burri”, come affettuosamente tutto il mondo diplomatico la chiamava, strumento principale e autorevole, indispensabile per la diffusione di notizie su rinvenimenti, attribuzioni, scoperte, manifestazioni, in merito all’attività delle missioni italiane e straniere nella terra dei faraoni.